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Giuseppe Cipolla, ”Danilo Dolci e l’utopia possibile”, Salvatore Sciascia, Caltanissetta, 2012.

Giuseppe Casarrubea, “Piantare Uomini . Danilo Dolci sul filo della memoria”, Castelvecchi, Roma, 2014.

Accanto alla ri-edizione, voluta da Sellerio a partire dal 2008, delle più importanti pubblicazioni che segnarono le varie tappe dell’azione di Dolci in Sicilia, è data ora l’opportunità ai lettori di fruire di due ricostruzioni delle vicende di quegli anni che uniscono il rigore dell’analisi alla viva sensibilità dei testimoni diretti.

Questo articolo è stato riletto, corretto e integrato alle ore 8,50 di domenica 29 giugno 2014.

Oggi sono 90 anni esatti dalla nascita di Danilo Dolci. Il Borgo di Dio, la comunità fondata da lui e alcuni pescatori nel 1952, è in grande agitazione. Amico, figlio del costruttore di questa comunità, è in grande movimento. Fa di tutto per rispettare i tempi di lavoro che si è dati, ma sono tante e tali le cose che deve fare che è costretto a incastrare gli orari come in un puzzle.

La vita e l’opera di Danilo Dolci sono un esempio di come è possibile cambiare “costringendo” alla saggezza gli increduli, i sottomessi ridotti al silenzio, le autorità irresponsabili.

Probabilmente fu l’impressione dell’estrema miseria che ne ebbe da bambino, seguendo gli spostamenti del padre capostazione, a farlo tornare a Trappeto, vicino Partinico, un piccolo borgo marinaro tra le province di Palermo e Trapani.

Esce domani nelle librerie il mio secondo libro su Danilo Dolci. Il primo fu stampato quando abitavo a Verbania  Pallanza, nei primi anni Settanta, dal coraggioso editore Celebes di Trapani; il secondo esce ora grazie alla Casa Editrice Castelvecchi di Roma, in occasione dei 90 anni dalla nascita di questo nostro straordinario personaggio. Nel mezzo ci sono quarant’anni esatti. Un tempo lungo che spiega da solo la difficoltà di osare un avvicinamento alla lettura e alla comprensione di una figura alla quale i siciliani non erano abituati, ma che è stata la prima ad anticipare i tempi, come un vero e grande profeta del secolo appena passato.

«Non complici»: ma perché parlarne oggi nell’inferno delle corruzioni e delle guerre?
di Mario Pancera

Lo scrittore socialista statunitense Upton Sinclair (1868-1958), difensore dei diritti dei lavoratori, difensore degli anarchici Sacco e Vanzetti (che si erano sempre dichiarati innocenti degli omicidi loro imputati), in una parola, sempre sostenitore di coloro che difendevano la libertà di esistere liberi, ha scritto: «È difficile far capire qualcosa a una persona il cui salario dipende dalla sua capacità di non capirlo».

La sua Chiesa, quella cattolica e quella diocesana, amata, servita e obbedita, si è riconciliata o continua ad aver paura di don Lorenzo Milani? Ma quando mai? Non è mai stato ‘condannato’. Lo apprendiamo dall’arcivescovo di Firenze card. Betori, il quale, a distanza di 56 anni dalla tragedia di “Esperienze pastorali”, l’unico libro dei tre che hanno sconvolto Chiesa e Stato (seguiranno “L’obbedienza non è più una virtù” e “Lettera a una professoressa”) scritto totalmente di suo pugno, ha inviato un dossier a Papa Francesco che lo ha girato per competenza alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale ha risposto, appunto, che don Lorenzo non è mai stato ‘condannato’.

Nell'ora della morte, l'intera umanita' rende omaggio a Nelson Mandela.
Ed e' una prova ulteriore della grandezza di quell'uomo eroico e generoso questo unanime riconoscimento, questo unanime riconoscersi in lui, questa unanime riconoscenza: ogni essere umano riconosce in Mandela la parte migliore di se', ed il bene che tutti gli esseri umani affratella e degnifica.