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Siamo nel vortice di una campagna elettorale caotica, in cui predomina la paura per un futuro inquieto e incerto. La crisi economica, la guerra, la riduzione degli spazi democratici, a partire da una pessima legge elettorale, un evidente cambiamento del clima, un peggioramento della salute del pianeta, una riduzione delle protezioni per una crescente fascia di popolazione sembrano le sole certezze.

Se a questi problemi la politica sembra non saper dare risposte, non è un caso che i due partiti più numerosi siano oggi quello del non-voto e quello degli indecisi.

Dei discorsi su questa guerra tra Russia e Ucraina sono stati fatti così tanti che non ci sarebbe bisogno di aggiungerne un altro. Quello che conta ormai è solo la mobilitazione contro questa guerra e la consapevolezza che la maggioranza dei cittadini italiani è contraria a qualsiasi coinvolgimento e anche all’invio di armi al governo ucraino.

Però dato che sono stato invitato a parlare, dirò alcune cose che non sono nuove, ma considero importanti.

Stante la situazione chiara di aggressione di un paese sovrano su un altro, come perseguiamo il dovere di soccorrere la vittima e adoperarsi per fermare l’invasore?

La discussione verte sul come, non sul se.

Di sicuro accoglienza dei profughi e sanzioni alla Russia, magari con la cura di penalizzare i governanti più che il popolo, con il rischio di acuire, comunque, lo spirito nazionalistico.

Tuttavia, le risposte che la Russia sta dando ai Paesi occidentali, contingentando i rifornimenti di gas con il conseguente rialzo dei prezzi, son gli effetti perversi della politica delle sanzioni.

Oggi siamo ancora in piazza, per condannare l’invasione russa dell’Ucraina e per dire Si alla Pace.

Crediamo che questa guerra, come tutte le altre guerre presenti nel mondo, porti solo distruzione e morti, sia civili che militari.

Il numero delle vittime è imprecisato; nella competizione informativa non si conoscono i dati reali: secondo Kiev sono oltre 35 mila i militari russi uccisi, secondo Mosca sono 42 mila i soldati ucraini morti. Secondo l’Oms, dopo 4 mesi di guerra, i civili morti erano oltre 5000; i bambini morti 364. Questi non sono numeri ma vite umane stroncate a causa della guerra, che, di fatto, è la legalizzazione dell’omicidio collettivo! L’uccisione di una persona da parte di un’altra persona è un atto condannato e punito in tutto il mondo, al di là delle motivazioni; perché’ la guerra, che è la legalizzazione dell’uccisione di massa, non è ugualmente condannata?

Per costruire la Pace non abbiamo bisogno di produrre più armi e costruire più basi militari.

Per costruire la Pace è necessario invece costruire politiche Nonviolente di gestione dei conflitti,

realizzare ponti, neutralità, un governo internazionale credibile e democratico, non assoggettato agli interessi delle potenze.

Questo anno 2022, la festa del 25 aprile, che commemora la Liberazione dal nazifascismo, cade in un momento in cui in Europa c’è una guerra, causata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Non si festeggia quando c’è una guerra in cui anche l’Italia è coinvolta con l’invio di armi. Dopo la seconda mondiale fu evidente che le guerre si sarebbero combattute nelle città, anche con bombardamenti, contro civili . I padri costituenti all’articoli 11 della Costituzione sono stati molto chiari “ L’Italia RIPUDIA la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali “…

Di fronte all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il movimento della pace non è neutrale: abbiamo ben chiaro chi è l’invasore, il suo regime e la volontà di modificare il contesto geopolitico che lo circonda.

Ciò premesso, anche per smentire la narrazione a senso unico dei media, ci è chiaro che un conflitto non nasce casualmente, bensì affonda le sue radici nelle contraddizioni, nelle fragilità e negli accadimenti storici: questa guerra ha radici che risalgono almeno al 2014 quando, nei fatti, nessuno si è alzato in difesa delle vittime del Donbass e il silenzio europeo è regnato a Odessa. Si è persa l'occasione di mettere in discussione vecchie alleanze politico militari; occasione possibile dopo la caduta del muro di Berlino, il cui mancato «accoglimento» ha lasciato aperti nuovi terreni di conflitto.