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L’anno 2016 ha visto trionfare la normalità della guerra, la Terza Guerra mondiale a pezzetti, come la chiama Papa Francesco, una guerra spaventosa che ha il suo epicentro in Medio Oriente ed ha mostrato tutta la sua ferocia, disumanità e orrore nell’assedio della città martire, Aleppo. Una guerra che attraversa anche l’intera zona saheliana dell’Africa, dalla Somalia al Sudan (Darfur e Montagne Nuba), dal Sud Sudan al Centrafrica, dalla Nigeria (Nord) alla Libia, dal Mali al Gambia. Senza dimenticare i massacri nel cuore dell’Africa, in Burundi e Congo(Beni). Siamo davanti a desolanti scenari di guerra che si estendono dallo Yemen all’Afghanistan, guerre combattute con armi sempre più sofisticate e a pagarne le spese sono sempre più i civili. “Come è possibile questo?- si chiede Papa Francesco. E’ possibile perché dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi che sembra essere tanto importante.”

Non so se avete sentito (o forse anche visto in tv; io no), i titoli dei giornali di destra sull'uccisione di Anis Amri: titoli e immagini feroci, disumane, gaudenti per la morte dello stragista, senza dolore per ciò che ha fatto e che si è tirato addosso, senza ombra di pietà umana per tutti, anche per i colpevoli.

Mentre il popolo della pace marciava tra Perugia e Assisi, il ministro della difesa, tornata da una visita istituzionale in Arabia Saudita (4 ottobre, San Francesco), minacciava querele contro chi semplicemente chiedeva di conoscere i contenuti dei colloqui e, soprattutto, degli accordi siglati in materia di trasferimento di sistemi d'arma.

Provate voi, se trovate le parole giuste, a raccontare ancora una volta di una giovane donna uccisa dal fidanzato che aveva lasciato; di un’altra, al nono mese di gravidanza, ora ricoverata in gravi condizioni, per essere stata avvelenata con della soda caustica dal proprio compagno. Provate a star dietro a un conteggio che parla di cinquantacinque donne assassinate nei primi cinque mesi di quest’anno (undici al mese) e che, mentre lo si scrive, risulta già vecchio, già andato oltre, già segnato da altre vite sospese.

Si chiamavano Federico Benedetti di 46 anni e Roberto Ricci Antonioli di 55 anni, spazzati via per 30 metri e sepolti da 2000 tonnellate di roccia in una cava del marmo di Colonnate (Carrara). Un terzo lavoratore è rimasto ferito , ne navrà per 30 giorni.