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Non ha lacrime mamma Paola. Ha il pianto aggrappato al dolore per aver perso Giulio.
Giulio, quel figlio che ha riconosciuto dalla punta del naso.
Giulio, morto troppo presto, come tutti quei figli e figlie che vanno via prima delle madri.
Giulio, morto di torture nel 2016, come tante e tanti egiziani fino a oggi. Sua madre lo denuncia in modo chiaro quel che non è segreto, quel che dall’altra parte del mare si finge di non sapere.

È appena trascorsa la Giornata della Memoria, ricca, come ogni anno, di commemorazioni e appuntamenti da più parti. Memoria dovuta si è detto, perché chi non ricorda il passato non può costruire il presente, perché per edificare il futuro serve conoscere il passato. Tutto vero. Ma la memoria recente deve essere memoria presente. Deve essere memoria di quel che ci accade attorno, deve essere memoria che non solo commemora ma agisce, che non si limita a ricordare i genocidi di ieri ma affronta quelli di oggi, che non si placa nella narrazione di storie passate, ma si fa voce delle storie recenti, che ci parlano  dei respingimenti e delle nuove barriere, dei rastrellamenti degli oggetti di valore dei profughi, di vagoni sigillati per evitare che i migranti scendano, di tatuaggi numerici in braccia migranti, dei palestinesi e delle loro terre occupate, dei siriani e delle loro fughe, dei musulmani e cristiani uccisi per il loro credo.

Anche quest’anno siamo giunti al Natale. Da diverse settimane siamo immersi, tra luci, regali, addobbi e orpelli vari nell’atmosfera della festa.

Una festa che anche quest’anno, come sempre più negli ultimi, lascerà fuori moltissime famiglie.

Sarà un Natale carico di dolore nelle oltre mille famiglie che nel 2015 hanno visto un loro familiare morire sul posto di lavoro.

Sarà un Natale triste e mesto nelle migliaia di famiglie che la speculazione finanziaria ed industriale e le ingiustizie criminali e disumane hanno lasciato senza un lavoro, strappando ogni speranza anche per il 2016.

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