Per un impegno concreto contro la violenza (Giovanni Sarubbi)
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In occasione del 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, condividiamo questa riflessione sulla nonviolenza di Giovanni Sarubbi, pubblicata su "Voci e volti della nonviolenza", n. 237 del 29 settembre 2008.
Confesso di guardare con grande sospetto ad iniziative come quella della Giornata internazionale della nonviolenza che provengono da istituzioni come l'Onu che non sono riuscite ad impedire la guerra mondiale nella quale l'umanità attualmente si trova. Una guerra mondiale che la grande maggioranza dei cittadini dei paesi occidentali non percepisce come tale perché combattuta lontano dalle proprie terre.
Confesso di guardare con grande sospetto ad iniziative come quella della Giornata internazionale della nonviolenza che provengono da istituzioni come l'Onu che non sono riuscite ad impedire la guerra mondiale nella quale l'umanità attualmente si trova. Una guerra mondiale che la grande maggioranza dei cittadini dei paesi occidentali non percepisce come tale perché combattuta lontano dalle proprie terre.
Donne, uomini e nuove alleanze (Elena Liotta)
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In occasione del 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, condividiamo questa riflessione sulla nonviolenza di Elena Liotta, pubblicata su "Voci e volti della nonviolenza", n. 237 del 29 settembre 2008.
Le ricorrenze sono fatte per pensare, per riflettere - si spera non solo per una giornata - sul tema prescelto. Dare attenzione significa anche cercare di capire se e quanto le nostre idee si trovano in sintonia con la realtà, esercitando l'autocritica come pratica nonviolenta.
Anni fa, Hillman, psicoterapeuta e scrittore americano, intitolò un suo libro "Cento anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio". La prima difesa intellettuale che si mobilitò tra i colleghi fu: "Figuriamoci allora come sarebbe andato senza!". Certo, questo si può sempre dire, non essendoci modo di provarlo. Ma l'autocritica si interrompe subito.
Le ricorrenze sono fatte per pensare, per riflettere - si spera non solo per una giornata - sul tema prescelto. Dare attenzione significa anche cercare di capire se e quanto le nostre idee si trovano in sintonia con la realtà, esercitando l'autocritica come pratica nonviolenta.
Anni fa, Hillman, psicoterapeuta e scrittore americano, intitolò un suo libro "Cento anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio". La prima difesa intellettuale che si mobilitò tra i colleghi fu: "Figuriamoci allora come sarebbe andato senza!". Certo, questo si può sempre dire, non essendoci modo di provarlo. Ma l'autocritica si interrompe subito.
Le conseguenze politiche della speranza (Roberto Mancini)
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Relazione svolta a un convegno promosso dall'associazione Macondo ad Asiago a fine agosto e pubblicata su "Voci e volti della nonviolenza", numeri 240 e 241 del 7 - 8 ottobre 2008
Premessa
Parlare insieme di politica in un contesto come quello che ci accomuna qui non può voler dire farsi una rappresentazione pessimista oppure ottimista delle cose; deve piuttosto essere un modo per rivitalizzare un potenziale di energia e per imparare insieme a contribuire a processi di liberazione, di risanamento, di democratizzazione, di umanizzazione.
Vi propongo di entrare in questa prospettiva seguendo lo svolgimento di una riflessione che tocca questi nuclei tematici: la crisi della mediazione politica, la speranza, il metodo dell'agire politico e la possibilità di una politica di servizio.
Tutto ruota attorno alle conseguenze politiche della speranza vera.
Parlare insieme di politica in un contesto come quello che ci accomuna qui non può voler dire farsi una rappresentazione pessimista oppure ottimista delle cose; deve piuttosto essere un modo per rivitalizzare un potenziale di energia e per imparare insieme a contribuire a processi di liberazione, di risanamento, di democratizzazione, di umanizzazione.
Vi propongo di entrare in questa prospettiva seguendo lo svolgimento di una riflessione che tocca questi nuclei tematici: la crisi della mediazione politica, la speranza, il metodo dell'agire politico e la possibilità di una politica di servizio.
Tutto ruota attorno alle conseguenze politiche della speranza vera.
Da un ambito locale con lo sguardo al mondo (Lorenzo Porta)
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In occasione del 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, condividiamo questa riflessione sulla nonviolenza di Lorenzo Porta, pubblicata su "Voci e volti della nonviolenza", n. 238 del 30 settembre 2008.
Ho inviato questo contributo ai membri della costituenda Tavola per la nonviolenza a Firenze, un coordinamento di associazioni che opera sul territorio. È stata lanciata dal Movimento per lo sviluppo umano di Firenze. Ho aderito personalmente e ho cercato di coinvolgere l'associazione di cui sono responsabile, il Centro di documentazione sociale (Cedas). Non si tratta di un'adesione di cartello per aggiungersi ad un elenco di associazioni.
Ho inviato questo contributo ai membri della costituenda Tavola per la nonviolenza a Firenze, un coordinamento di associazioni che opera sul territorio. È stata lanciata dal Movimento per lo sviluppo umano di Firenze. Ho aderito personalmente e ho cercato di coinvolgere l'associazione di cui sono responsabile, il Centro di documentazione sociale (Cedas). Non si tratta di un'adesione di cartello per aggiungersi ad un elenco di associazioni.
Reti e azioni nonviolente locali e globali (Carla Biavati)
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In occasione del 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, condividiamo questa riflessione sulla nonviolenza di Carla Biavati, pubblicata su "Voci e volti della nonviolenza", n. 239 del 1 ottobre 2008.
Quando devo parlare dell'impegno sociale dei giovani di tutto il mondo, le prime immagini che mi vengono alla mente sono quelle di gruppi di ragazze e ragazzi infangati e infagottati in eskimo e stivali di gomma che scavano all'interno di antiche stanze di irriconoscibili musei a Firenze, subito dopo l'alluvione.
Sugli esiti nefasti della mobilità accelerata e continua (Rocco Altieri)
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Pubblicato su Voci e volti della nonviolenza, n. 98 del 4 settembre 2007
Do tutto il mio sostegno alla lotta del comitato contro la costruzione di un aeroporto nel territorio di Viterbo.
Leggendo in questi giorni che anche il Vaticano si sta attrezzando per i suoi pellegrinaggi con una flotta di aeroplani, e come il cardinale Ruini abbia recentemente inaugurato la "felice" impresa, guidando personalmente un pellegrinaggio aereo a Lourdes, cui hanno partecipato in prima fila i peggiori personaggi del malaffare italiano, plurinquisiti che non si sono mai pentiti, anzi sono ben orgogliosi dei loro crimini, mi è venuta spontanea alla mente l'idea, davvero non peregrina, di vedere presto a Viterbo, storica città papalina, uno scalo aeroportuale a completo servizio della Città del Vaticano. Ora che anche la Chiesa cattolica, abbandonati i treni e i pullman, si adegua "opportunamente" alla "comodità" dei voli low cost, potremmo ben dire che "non c'è più religione" in un mondo trasformato in un grande luna park.
Le denunce sui danni ambientali del traffico aereo, pubblicate numerose sul notiziario della "Nonviolenza in cammino", sono state tutte efficaci e ben argomentate. Da parte mia, dal punto di vista di un "inguaribile moralista" della nonviolenza, vorrei aggiungere una riflessione sugli esiti nefasti che la mobilità accelerata e continua porta all'interno della società, inducendo frammentazione del tessuto sociale e dispersione di preziose energie.
Do tutto il mio sostegno alla lotta del comitato contro la costruzione di un aeroporto nel territorio di Viterbo.
Leggendo in questi giorni che anche il Vaticano si sta attrezzando per i suoi pellegrinaggi con una flotta di aeroplani, e come il cardinale Ruini abbia recentemente inaugurato la "felice" impresa, guidando personalmente un pellegrinaggio aereo a Lourdes, cui hanno partecipato in prima fila i peggiori personaggi del malaffare italiano, plurinquisiti che non si sono mai pentiti, anzi sono ben orgogliosi dei loro crimini, mi è venuta spontanea alla mente l'idea, davvero non peregrina, di vedere presto a Viterbo, storica città papalina, uno scalo aeroportuale a completo servizio della Città del Vaticano. Ora che anche la Chiesa cattolica, abbandonati i treni e i pullman, si adegua "opportunamente" alla "comodità" dei voli low cost, potremmo ben dire che "non c'è più religione" in un mondo trasformato in un grande luna park.
Le denunce sui danni ambientali del traffico aereo, pubblicate numerose sul notiziario della "Nonviolenza in cammino", sono state tutte efficaci e ben argomentate. Da parte mia, dal punto di vista di un "inguaribile moralista" della nonviolenza, vorrei aggiungere una riflessione sugli esiti nefasti che la mobilità accelerata e continua porta all'interno della società, inducendo frammentazione del tessuto sociale e dispersione di preziose energie.
Tolleranza (Di Rienzo Maria G.)
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Pubblicato su Notizie minime della nonviolenza, n. 214 del 16 settembre 2007
Direi che possiamo ritenerci soddisfatti: la "tolleranza zero", in Italia, è stata infine raggiunta. No, non mi riferisco alle ordinanze sui lavavetri o alle proposte (oscene) di un ex ministro della Repubblica rispetto alle moschee. Si tratta di una notiziola, un trafiletto apparso sui giornali qualche giorno fa. In sintesi la storia è questa: due bande di ragazzi italiani, tutti italiani, si scontrano, si picchiano, ed uno dei belligeranti finisce al pronto soccorso. Solo poco tempo fa, la battaglia si sarebbe conclusa qui ("Ne abbiamo mandato uno in ospedale, siamo forti, abbiamo vinto!"); invece, i "vincitori" si appostano all'uscita della clinica, e quando il disgraziato ne mette fuori il naso lo accoltellano alla gola. Senza gravi conseguenze, per fortuna, ma è facile vedere che si tratta di una svolta cognitiva, una svolta terribile. Non basta più che gli "sconfitti" siano fisicamente battuti e psicologicamente umiliati, devono proprio sparire.
Ammetto che se fossi stata meno ottimista avrei saputo mettere insieme le avvisaglie e comporre un quadro molto prima. In questi anni mi è stato detto che se difendevo i diritti umani di tutte e tutti ero eurocentrica, filo-occidentale, oggettivamente alleata di Bush e anche un pò retrograda.
Una signora molto per bene, dal droghiere, mi ha spiegato che rubare è un mestiere come un altro, sta a noi "farci furbi" e "difenderci". Un giovanotto mi ha chiesto perché non rispettavo "le idee" dell'estremismo religioso e politico. Qualcun altro ha lamentato la mancanza di "valori" ed ha inneggiato al buon tempo andato in cui gli uomini erano veri uomini, le donne erano vere donne eccetera. In maniera assai rapida si è arrivati a questo: "La tolleranza significa che non puoi avere un'opinione su niente", e "L'unica legge in vigore è quella della giungla". Grado zero
Direi che possiamo ritenerci soddisfatti: la "tolleranza zero", in Italia, è stata infine raggiunta. No, non mi riferisco alle ordinanze sui lavavetri o alle proposte (oscene) di un ex ministro della Repubblica rispetto alle moschee. Si tratta di una notiziola, un trafiletto apparso sui giornali qualche giorno fa. In sintesi la storia è questa: due bande di ragazzi italiani, tutti italiani, si scontrano, si picchiano, ed uno dei belligeranti finisce al pronto soccorso. Solo poco tempo fa, la battaglia si sarebbe conclusa qui ("Ne abbiamo mandato uno in ospedale, siamo forti, abbiamo vinto!"); invece, i "vincitori" si appostano all'uscita della clinica, e quando il disgraziato ne mette fuori il naso lo accoltellano alla gola. Senza gravi conseguenze, per fortuna, ma è facile vedere che si tratta di una svolta cognitiva, una svolta terribile. Non basta più che gli "sconfitti" siano fisicamente battuti e psicologicamente umiliati, devono proprio sparire.
Ammetto che se fossi stata meno ottimista avrei saputo mettere insieme le avvisaglie e comporre un quadro molto prima. In questi anni mi è stato detto che se difendevo i diritti umani di tutte e tutti ero eurocentrica, filo-occidentale, oggettivamente alleata di Bush e anche un pò retrograda.
Una signora molto per bene, dal droghiere, mi ha spiegato che rubare è un mestiere come un altro, sta a noi "farci furbi" e "difenderci". Un giovanotto mi ha chiesto perché non rispettavo "le idee" dell'estremismo religioso e politico. Qualcun altro ha lamentato la mancanza di "valori" ed ha inneggiato al buon tempo andato in cui gli uomini erano veri uomini, le donne erano vere donne eccetera. In maniera assai rapida si è arrivati a questo: "La tolleranza significa che non puoi avere un'opinione su niente", e "L'unica legge in vigore è quella della giungla". Grado zero
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