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Pubblicato su "Notizie minime della nonviolenza, n. 734" del 17 febbraio 2009
Leggo dal dizionario Garzanti la definizione di razzismo: "tendenza a considerare la razza come fattore determinante dello sviluppo di una società e quindi ad evitare mescolanze con altri popoli, considerati razza inferiore, mediante la discriminazione".
Mi appare abbastanza evidentemente come certa cultura prevalente, che si traduce in norma, con alcuni articoli previsti nel  DDL 733 votato al Senato lo scorso 5 febbraio, rispecchi bene questa definizione.

Pubblicato su Notizie minime della nonviolenza n. 714 del 28 gennaio 2009

Se la memoria non mi inganna, nel bel film che, nel 1981, Liliana Cavani trasse da La pelle di Curzio Malaparte, c'è una scena illuminante sulla "filosofia" che i vincitori e i loro sicofanti intendono adottare per governare il Paese. Si vede un mafioso in macchina con un ufficiale americano. Stanno discutendo di traffici di benzina ed altro, da organizzare sulle spalle dei poveracci che la guerra si è lasciata dietro, e dopo essersi accordati con reciproco vantaggio, mentre entrambi ridono grassamente il mafioso commenta,: "Ma devono pagare: qui non siamo mica in Unione Sovietica!".

fonte: www.vita.it

Domani mattina a Milano, presso il campo comunale di via Impastato, comincerà il censimento fotografico e la schedatura dei rom da parte della Polizia. Tra le famiglie che saranno schedate, c'è quella di Giorgio Bezzecchi, 47 anni, lombardo, rom, consulente dell'ufficio Nomadi del Comune di Milano, vice-presidente nazionale dell'Opera Nomadi. La sua famiglia vive in un campo a Milano, il padre è stato deportato in un campo di concentramento, a cui fortunatamente è sopravvissuto. Il nonno, deportato in un altro campo non è sopravvissuto. Lo stesso Giorgio ha ricevuto una medaglia d'oro al valor civico.

Bezzecchi ha scritto una lettera aperta che sta circolando in queste ore tre gli amici, in cui esprime tutta la sua amarezza per quanto sta accadendo. Eccola.

Pubblicato su "Notizie minime della nonviolenza in cammino", n. 507 del 5 luglio 2008
È capitato qualche volta che dei ladri, evidentemente assai sprovveduti, si siano dati da fare per entrare in casa mia. In un paio di casi ci sono riusciti mentre io ero assente, ma con il solo guadagno di una delusione. E in un'occasione mi hanno persino lasciato in ingresso un cacciavite rotto, usato probabilmente come passepartout. Se è ragionevole credere alle testimonianze dei vicini, ambo le volte potrebbero essere stati giovani nomadi a scassinarmi l'uscio: alcune altre circostanze, riferitemi in questura, avvaloravano questa ipotesi.

Pubblicato su "Notizie minime della nonviolenza in cammino", n. 507 del 5 luglio 2008, dal qutidiano "La Repubblica" del 16 giugno 2008 col titolo "I nostri indiani si chiamano zingari"

E se domani, in Italia, avvenisse qualcosa di simile a quello che si è visto l'11 giugno scorso a Ottawa? Qui da noi non se ne è parlato, ma è stata una scena emozionante a giudicare dalle fotografie comparse sulle prime pagine dei giornali canadesi. Si vedeva in piedi a sinistra il primo ministro Stephen Harper e davanti a lui seduto, il delegato dell'assemblea delle "First Nations" - quelli che noi, per l'errore di Cristoforo Colombo, continuiamo a chiamare Indiani d'America: si chiama Phil Fontaine, nel suo nome anglo-francese è iscritta la storia dei successivi padroni europei del Canada, ma il caratteristico copricapo di piume che sembra uscito da un film di John Ford rivela la sua identità di "Grande Capo" indiano.