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Nonostante sia finita da tempo l'onda lunga del movimento pacifista contro la guerra all'Iraq del 2003 continuano a manifestarsi in giro per l'Italia le più svariate campagne e iniziative: contro le basi americane del Dal Molin e di Sigonella, contro la produzione dei caccia bombardieri F35, per la riduzione delle spese militari e per la promozione dei corpi civili di pace, e tanto altro ancora.

Il dialogo con i "militari" lo vedo da impostare sul presupposto che, insieme, come cittadini, abbiamo da attuare l'art. 11 del ripudio della guerra.
Questo significa adottare un modello di difesa difensivo territorializzato (Svizzera, Cuba), ripristando la leva che per ora è stata solo sospesa.
No quindi a sistemi d'arma progettati per proiezioni di potenza all'estero (es. F35, Eurofighter, portaerei Cavour...).

Ho appena rivisitato la home page della Perugia-Assisi.
Peppe Sini ed il Centro di Viterbo ci devono spiegare dove ce la trovano l'opposizione alla guerra in Afhanistan.
Sul programma della marcia ci trovo scritto invece "facciamo pace in Afghanistan", che è tutt'altra cosa: è una formula ambiguissima: da generale potrei affermare che è proprio quello per cui mi sto impegnando con il mio intervento bellico.

Una società complessa richiederebbe la capacità, da parte di tutti, sopratutto delle forze politiche, di non cercare semplificazioni e scorciatoie, ma di stare dentro i problemi e le contraddizioni valutando, con serenità, il quadro complessivo, in modo da trovare le strade adeguate per mettere in campo soluzioni.

La strada della "semplificazione della complessità" porta inesorabilmente alla "banalità", ma, soprattutto, al non riuscire più ad ascoltare le ragioni dell'altro, a tentare, almeno per un istante, a osservare il proprio punto di vista con un barlume di dubbio.

Per Bobbio, le vie della pace sono: il pacifismo giuridico, politico; la via morale (nonviolenza, o pacifismo assoluto mediante riforma morale), che è la più efficace ma la più lunga. 1
Poiché mi occupo soprattutto di questa via alla pace, che è la nonviolenza, vorrei vedere qualche punto del pensiero di Bobbio sulla nonviolenza.
Egli ammira ma non confida nei mezzi nonviolenti. Si dice "perplesso", e non "persuaso" come è Capitini. Si veda la sua bellissima e profonda Introduzione a Aldo Capitini, Il potere di tutti, La Nuova Italia 1969, pp. 9-39.

Nella lettera a Danilo Dolci del 24 settembre 1968, Aldo Capitini parla della sua proposta "di presentarci alle elezioni regionali, con una lista di 'rivoluzione nonviolenta per la democrazia direttà, non tanto per essere eletti, quanto per far conoscere la nostra posizione specialmente tra i giovani" (la lettera è ora pubblicata in Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008, pp. 270-271). Capitini morì il 19 ottobre 1968 dopo un'operazione chirurgica.

Davanti alla tragedia di Haiti, l’Italia gioca la carta della portaerei Cavour.

Già nel 2001 l’allora presidente di Pax Christi Italia mons. Bona scriveva: "Ne abbiamo proprio bisogno? Certamente i tecnici della lobby industrial-militare adducono tante ragioni per giustificare l’opportunità... Salta agli occhi il collegamento tra l’enorme povertà di tanta parte dell’umanità e le spese militari". Questa grande portaerei lunga 235 metri (che è costata oltre 1200 milioni di euro pari alla somma raccolta nel mondo dopo la prima settimana dal terremoto di Haiti e che ogni ora di navigazione ad alta velocità consuma 25.000 litri di carburante) porterà aiuto alla vittime del terremoto.